Canzone del padre

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Canzone del padre fa parte dell’Album “Storia di un impiegato” (pubblicato il 2 ottobre 1973), un concept-album dove ogni frase va vista non solo nell’ambito della canzone a cui appartiene ma in quello di tutto il disco.

Canzone del padre
Canzone del padre

La Canzone del padre è un sogno in continuità con quello precedente (cioè il Sogno numero due) e si apre con l’impiegato che, all’interno delle dinamiche del potere, prende il posto di suo padre, ucciso al ballo mascherato (Al ballo mascherato, altra canzone di Storia di un impiegato). Il sistema dunque continua, l’impiegato ha il suo posto e sa benissimo che potrà comandare quelli sotto di lui, ma che non dovrà interferire con quelli al di sopra. Comincia così una nuova vita, tesa a proteggere la propria integrità, quella della famiglia e del denaro, ma ci si accorge subito che qualcosa non va: una lavandaia è schiacciata dall’avanzare del progresso e viene seppellita in un cimitero di lavatrici; suo figlio scappa per la paura di venire trasformato in una macchina.

Tutto ciò, per chi comanda, ha poca importanza: si provvede a dichiararlo morto arrugginito, per dimenticarlo più velocemente. Nonostante il cambiamento anche all’impiegato le cose non vanno bene: l’alienazione ha già contagiato la moglie, che sente sempre meno sua, finché il suo amore viene barattato da un altro uomo per un passaporto e una valigia di ciondoli. Anche il figlio minore ne rimane vittima e, per la mancanza di attenzione, perde la voglia di vivere e di guadagnarsi una posizione. Allora, improvvisamente, l’impiegato si rende conto di essere un fallito, diventa consapevole che non si può sfuggire all’individualismo. Il letto nel quale sta dormendo prende fuoco e il sogno si tramuta in incubo. Si scaglia contro il giudice: “vostro onore sei un figlio di troia”; si sveglia di colpo e acquista la consapevolezza di ciò che deve fare recuperando anche la voglia di sovvertire l’ordine. La canzone si chiude con una promessa che sembra una minaccia: “ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero, io ricomincio da capo “.

Testo Canzone del padre

Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi
Solo I sogni che non fanno svegliare”

“Sì, Vostro Onore, ma li voglio più grandi”

“C’è lì un posto, lo ha lasciato tuo padre
Non dovrai che restare sul ponte
E guardare le altre navi passare
Le più piccole dirigile al fiume
E più grandi sanno già dove andare”

Così son diventato mio padre
Ucciso in un sogno precedente
Il tribunale mi ha dato fiducia
Assoluzione e delitto lo stesso movente

E ora Berto, figlio della Lavandaia
Compagno di scuola, preferisce imparare
A contare sulle antenne dei grilli
Non usa mai bolle di sapone per giocare
Seppelliva sua madre in un cimitero di lavatrici
Avvolta in un lenzuolo quasi come gli eroi
Si fermò un attimo per suggerire a Dio di continuare a farsi i fatti suoi
E scappò via con la paura di arrugginire
Il giornale di ieri lo dà morto arrugginito
I becchini ne raccolgono spesso
Fra la gente che si lascia piovere addosso.

Ho investito il denaro e gli affetti
Banca e famiglia danno rendite sicure
Con mia moglie si discute l’amore
Ci sono distanze, non ci sono paure
Ma ogni notte lei mi si arrende più tardi
Vengono uomini, ce n’è uno più magro
Ha una valigia e due passaporti
Lei ha gli occhi di una donna che pago

Commissario io ti pago per questo
Lei ha gli occhi di una donna che è mia
L’uomo magro ha le mani occupate
Una valigia di ciondoli, un foglio di via

Non ha più la faccia del suo primo hashish
È il mio ultimo figlio, il meno voluto
Ha pochi stracci dove inciampare
Non gli importa d’alzarsi, neppure quando è caduto
E i miei alibi prendono fuoco
Il Guttuso ancora da autenticare
Adesso le fiamme mi avvolgono il letto
Questi i sogni che non fanno svegliare

Vostro Onore, sei un figlio di troia
Mi sveglio ancora e mi sveglio sudato
Ora aspettami fuori dal sogno
Ci vedremo davvero
Io ricomincio da capo.

(Nell’articolo è presente link di affilazione)

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