Il bombarolo

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Il Bombarolo è sesta traccia del concept album “Storia di un impiegato” (1973), Il bombarolo è la storia di un trentenne che, disperato, decide di vendicarsi contro lo Stato, simbolo del potere, piazzando una bomba davanti al Parlamento.

 

Il bombarolo
Il bombarolo


 

Prima di far esplodere la bomba, l’impiegato si esprime contro diverse categorie di persone che avverserebbero il suo gesto. Innanzitutto gli impiegati come lui, quelli che si sono piegati alla vita comoda e a cui va bene che il potere decida al posto loro. Poi gli intellettuali, che con acrobazie improbabili cercano una via di cambiamento ormai da quando sono nati come categoria, senza decidersi, in pratica, ad affrontare alcuna azione materiale.

Riecheggiano, come a ispirare questo brano, gli episodi di terrorismo dell´Ítalia di quegli anni. E il bombarolo è in effetti nient´altro che un terrorista: ma ancora una volta la differenza tra giusto e sbagliato si assottiglia, impedendoci di condannarlo del tutto. “Non esistono poteri buoni” è una delle tante frasi che in qualche modo assolve i ripetuti atti del bombarolo. È l´ennesima accusa contro il potere, che, per quanto instaurato con motivazioni nobili e oneste, si rivela sempre e comunque una forma di oppressione.
L´esito dell’ attentato è fallimentare: la bomba non colpisce il Parlamento ma va a finire su un innocente chiosco di giornali. In più, la donna amata, una volta al corrente dell’accaduto, non esita a condannare l’uomo e a prendere le distanze da lui, che si vede quindi doppiamente abbandonato.

 

Testo Il bombarolo

Chi va dicendo in giro
che odio il mio lavoro
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente
ancora poche ore
poi gli darò la voce
il detonatore.
Il mio Pinocchio fragile
parente artigianale
di ordigni costruiti
su scala industriale
di me non farà mai
un cavaliere del lavoro,
io sono d’un’altra razza,
son bombarolo.
Nello scendere le scale
ci metto più attenzione,
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone
proprio nel giorno in cui
la decisione è mia
sulla condanna a morte
o l’amnistia.
Per strada tante facce
non hanno un bel colore,
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore,
c’è chi aspetta la pioggia
per non piangere da solo,
io sono d’un altro avviso,
son bombarolo.
Intellettuali d’oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani,
profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.
Vi scoverò i nemici
per voi così distanti
e dopo averli uccisi
sarò fra i latitanti
ma finché li cerco io
i latitanti sono loro,
ho scelto un’altra scuola,
son bombarolo.
Potere troppe volte
delegato ad altre mani,
sganciato e restituitoci
dai tuoi aeroplani,
io vengo a restituirti
un po’ del tuo terrore
del tuo disordine
del tuo rumore.
Così pensava forte
un trentenne disperato
se non del tutto giusto
quasi niente sbagliato,
cercando il luogo idoneo
adatto al suo tritolo,
insomma il posto degno
d’un bombarolo.
C’è chi lo vide ridere
davanti al Parlamento
aspettando l’esplosione
che provasse il suo talento,
c’è chi lo vide piangere
un torrente di vocali
vedendo esplodere
un chiosco di giornali.
Ma ciò che lo ferì
profondamente nell’orgoglio
fu l’immagine di lei
che si sporgeva da ogni foglio
lontana dal ridicolo
in cui lo lasciò solo,
ma in prima pagina
col bombarolo.

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