Inverno

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Inverno appartiene all’album Tutti morimmo a stento, concept-album tra i primi in Italia, pubblicato nel 1968 e avente come tema la morte fisica e psicologica dell’individuo.

 

Diversamente dagli altri brani dell’album, in Inverno De André pare dare altro significato alla morte, non solo intesa come desolazione, luogo senza ritorno. Qui il cantautore ci lascia intravedere della speranza.
Forte infatti è l’attesa di “
un’altra estate”: allo scenario cupo e cimiteriale fa da contrappunto una tensione positiva che porta a credere che “la neve morirà domani” e che c’è in serbo ancora un’altra primavera (“l’amore ci passerà ancora vicino, nella stagione del biancospino”)

Un testo consolatorio, dunque, che racconta della ciclicità della vita, (“ma tu che vai, ma tu rimani“), del susseguirsi delle stagioni, della notte che incombe sul giorno e le luci del tramonto e dell’alba che si confondono. In questo chiaro-scuro le ombre emergono, i volti appaiono spettrali e i ricordi, che solo una riflessione melanconica sulla morte può far affiorare, si affacciano come “le gioie passate” che sono inghiottite dallo scorrere del tempo.
Eppure, nonostante i riferimenti all’oltretomba e all’inesorabilità di questo ciclo, si impone un significato ulteriore del testo: questo riposo è solo momentaneo, come gli uomini anche la neve “morirà domani”, lasciando sbocciare una terra pronta alla nuova stagione, cui nuovamente seguirà l’inverno. La nebbia infatti sale, fin dai primi versi della canzone, a mostrare il lento processo di rischiaramento a cui stiamo partecipando.
Ecco che la morte qui per Fabrizio sembra essere non solo una ‘caduta nel nulla’, un angoscioso epilogo, ma piuttosto una sorta di passaggio. Un lasciare spazio ad altro che, sebbene non propriamente religioso, fa filtrare la profonda vicinanza che, coi suoi toni spesso sarcastici, sempre puntuali e pungenti, De Andrè ha spesso mostrato con il mistero e il sacro. É infatti non a caso un campanile a segnare il
“confine tra la terra e il cielo”, tra la vita e la morte, come una linea verticale di connessione tra il mondo dei vivi e ciò che oltrepassa la nostra conoscenza, così come sarà sempre sui “camposanti” che ricadrà nuovamente quella coltre nevosa, per poi un giorno tornare a sciogliersi.

 

Testo Inverno

Sale la nebbia sui prati bianchi
Come un cipresso nei camposanti
Un campanile che non sembra vero
Segna il confine fra la terra e il cielo

Ma tu che vai, ma tu rimani
Vedrai la neve se ne andrà domani
Rifioriranno le gioie passate
Col vento caldo di un’altra estate

Anche la luce sembra morire
Nell’ombra incerta di un divenire
Dove anche l’alba diventa sera
E i volti sembrano teschi di cera

Ma tu che vai, ma tu rimani
Anche la neve morirà domani
L’amore ancora ci passerà vicino
Nella stagione del biancospino

La terra stanca sotto la neve
Dorme il silenzio di un sonno greve
L’inverno raccoglie la sua fatica
Di mille secoli, da un’alba antica

Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani
Cadrà altra neve a consolare i campi
Cadrà altra neve sui camposanti

 

 

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