Un chimico

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Il chimico” appartiene all’album “Non al denaro non all’amore né al cielo”, pubblicato da De André nel 1971. La raccolta è un concept album, ispirato ad alcune poesie de “L’antologia di Spoon River” dello scrittore americano Edgar Lee Masters.

Musica, poesia e scienza. Tre discipline. Tre immagini cariche di emozioni e sentimenti. Tre concetti solo apparentemente slegati, in realtà incredibilmente uniti in un connubio eterno, un’unione primordiale, sovrannaturale e quindi indissolubile: una forma d’arte, che l’uomo ha il dono (e il dovere) di cogliere in tutta la sua bellezza e magia.

Fabrizio De André sembra sintetizzare queste idee in una struggente canzone intitolata “Un chimico”. Un capolavoro in grado di cogliere la vera essenza della vita di uno scienziato, ossessionato dalla ricerca e dominato dalla passione per la propria professione: il chimico è descritto come un vero e proprio fanatico, quasi del tutto estraneo alle dinamiche del mondo e dell’amore, come appartenente ad una realtà parallela, dalla quale trae costantemente sostentamento e forza. La sua vera vita è la scienza, la chimica e, in particolare modo, la legge che “ha potuto sposare idrogeno e ossigeno senza farli scoppiare”.

 

 

La prima strofa utilizza un’immagine avvolta da un’aura di fascino e poesia: i fuochi fatui, infatti, sono fiammelle di color blu derivate dalla combustione di metano e fosfano, o fosfina dovuta alla decomposizione anaerobica del carbonio organico. I fuochi fatui sono una spettrale rappresentazione naturale che si può osservare in inverno nei cimiteri ubicati in zone paludose: la loro impotenza – sono, infatti, fuochi “che non lasciano cenere, non sciolgono la brina” – rimarca il mistero e l’angoscia, che hanno portato alla morte il chimico, ora “un corpo fra i tanti a dar fosforo all’aria”.

Nella seconda strofa, invece, De Andrè introduce un parallelismo, che verrà poi costantemente ripreso in tutta la canzone: l’amore tra gli uomini è paragonato “all’amore tra elementi chimici”, che si sposano (si legano) secondo leggi chimiche e fisiche deterministiche. L’amore, al pari della chimica, viene definito come “un gioco a cui affidare la gioia e il dolore”. In questo contesto, il chimico non riesce a concepire l’amore tra uomo e donna (“gli uomini mai mi riuscì di capire”) e, da completo neofita, cerca di studiare la fenomenologia dell’amore così come si studiano le leggi chimiche, senza riuscire a trovarne una soluzione. Lo scienziato, costretto a morire solo, senza alcun legame con altri uomini (“che strano andarsene senza soffrire, senza un volto di donna da dover ricordare”), non riesce a capire quale sia la differenza tra la morte di un uomo che “esce all’amore e cede all’aprile” e quella di un uomo solo: agli occhi dello scienziato, alla ricerca di una visione meccanicistica e oggettiva, non esiste differenza alcuna: infatti, la morte viene vista come un varco dal quale il genere umano deve necessariamente passare.

La quinta e la sesta strofa sono le immagini caratterizzate dal più alto contenuto simbolico-magico. La quinta strofa sembra una citazione del bucolico Virgilio. La Primavera viene descritta come una donna che ha “le labbra di carne e i capelli di grano”, immagini che sembrano essere attinte da nobili personificazioni virgiliane e dalla celebre tela del Botticelli. Primavera, descritta come Venere, sembra “colpire” tutti gli uomini, conducendoli sulla strada dell’amore, portando con loro “la paura e la voglia che ti prenda per mano e che ti porti lontano”. La strofa, che echeggia a mitici versi latini, descrive la dea dell’Amore, la musa ispiratrice di tutti gli uomini: il chimico è convinto che tutti gli uomini, durante la loro esistenza, vengano colpiti dal dardo “avvelenato d’amore” ma con differenti modalità. Infatti, nella strofa successiva, l’amore viene declinato e rappresentato mediante l’immagine della perfetta unione tra ossigeno e idrogeno (“ma guardate l’idrogeno tacere nel mare, guardate l’ossigeno al suo fianco dormire”), due elementi chimici che hanno saputo legarsi senza scoppiare, secondo una legge chimica che soltanto lo scienziato è riuscito a studiare e capire. In questa strofa è abilmente celata la vera essenza della canzone e della scienza: la freccia dell’amore ha colpito il chimico che, innamorato della scienza, si è dedicato per tutta la vita allo studio di una legge razionale e deterministica, grazie alla quale è possibile studiare una reazione chimica che sprigiona una grande quantità di energia, garantendo così un vero e proprio trionfo della Natura che, portata su un carro nuziale, vince la vita dell’uomo.
Nell’ultima strofa, invece, De Andrè riprende l’immagine iniziale della morte, legata indissolubilmente alla passione dello scienziato. Il chimico, infatti, muore in “un esperimento sbagliato così come gli idioti muoiono d’amore” (nuovamente si rinforza la magia dell’amore per la scienza), solo e senza amici. La sua vita, dedicata alla sola scienza, infatti, non gli ha permesso di trovare l’amore per una donna: l’amore appare, infatti, come uno strano fenomeno irrazionale, non prevedibile con leggi chimiche predeterminate e quindi totalmente fuori dal controllo umano (“non mi volli sposare, non sapevo con chi e chi avrei generato”).

 

 

Testo Un chimico

 

Solo la morte m’ha portato in collina
Un corpo fra i tanti a dar fosforo all’aria
Per bivacchi di fuochi che dicono fatui
Che non lasciano cenere, non sciolgon la brina
Solo la morte m’ha portato in collina

Da chimico un giorno avevo il potere
Di sposar gli elementi e farli reagire
Ma gli uomini mai mi riuscì di capire
Perché si combinassero attraverso l’amore
Affidando ad un gioco la gioia e il dolore

Guardate il sorriso guardate il colore
Come giocan sul viso di chi cerca l’amore
Ma lo stesso sorriso lo stesso colore
Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore
Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore

È strano andarsene senza soffrire
Senza un volto di donna da dover ricordare
Ma è forse diverso il vostro morire
Voi che uscite all’amore che cedete all’aprile
Cosa c’è di diverso nel vostro morire

Primavera non bussa, lei entra sicura
Come il fumo lei penetra in ogni fessura
Ha le labbra di carne, i capelli di grano
Che paura, che voglia che ti prenda per mano
Che paura, che voglia che ti porti lontano

Ma guardate l’idrogeno tacere nel mare
Guardate l’ossigeno al suo fianco dormire
Soltanto una legge che io riesco a capire
Ha potuto sposarli senza farli scoppiare
Soltanto la legge che io riesco a capire

Fui chimico e, no, non mi volli sposare
Non sapevo con chi e chi avrei generato
Son morto in un esperimento sbagliato
Proprio come gli idioti che muoion d’amore
E qualcuno dirà che c’è un modo migliore

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