Fabrizio De André e l’anarchia

29 Condivisioni

 

De André e anarchia: come nasce il pensiero anarchico del cantautore genovese?

Fu verso i sedici anni che Fabrizio iniziò a documentarsi politicamente leggendo l’anarchico russo Bakunin; aderì fortemente all’ideale anarchico anche perché sicuramente questo orientamento garantiva alla sua immensa inquietudine interiore, il giusto orizzonte di libertà.

 

De André e anarchia
De André e anarchia

 

Fabrizio De Andrè è l’anarchia

Attraverso le letture, soprattutto dell’amato Brassens, De André capì che gli anarchici erano dei miserabili che aiutavano persone ancora più miserabili, tutto un mondo decantato nelle sue canzoni: omosessuali, ubriaconi, prostitute.

Lontano dalle mode, profondo nella comprensione, con una densità culturale pari alla finezza del sentimento, De André ha contribuito a dar vita e dignità a persone, popoli, idee che grazie a lui hanno potuto trovare nelle sue poesie in musica un avvocato difensore, un propagandista onesto, un vendicatore contro i torti della storia.

Sardi, indiani d’America, tossici, puttane, poeti, anarchici, detenuti, sofferenti, ribelli, zingari: sono loro parte di quell’umanità soggiogata ma non doma, forte solo della propria dignità e coerenza, che attraversano a testa alta l’intera sua opera.

A diciannove anni, dopo aver affrontato alcuni classici dell’anarchia, Fabrizio De André legge “L’unico e la sua proprietà”, pubblicato nel 1845 da Johann Kaspar Schmidt, meglio noto come Max Stirner, da cui sarà profondamente influenzato, fino a definirsi anarchico individualista. perché anziché scegliere e cercare persone con cui vivere le sue idee, egli preferì viversele da solo cercando di fare ciò sempre tutto con la massima coerenza.

Fabrizio ha più volte dichiarato “di essere un libertario” e come “l’anarchismo sia un perfezionamento della democrazia” e sintetizzando così la sua posizione:

Aspetterò domani, dopodomani e magari cent’anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopia.”

Certamente Fabrizio non è stato un anarchico militante ma ci ha lasciato una musica piena di  una sensibilità libertaria autentica.

 

E adesso aspetterò domani
per avere nostalgia
signora libertà signorina anarchia
così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza.

Seguimi sui social
29 Condivisioni